Occhio alla plusvalenza

Occhio alla plusvalenza

Marzo 16, 2020 0 Di Diego Gheller

Storicamente, nel nostro Paese, il piccolo investimento immobiliare consisteva nell’acquisto di beni, spesso residenziali, da destinare alla locazione (affitto). Erano intesi come una sorta di cassaforte familiare che oltre a fornire una rendita mensile, aumentava nel tempo il suo valore sul mercato.

Dopo il 2008 tutto è cambiato ed è successo quello che le famiglie e i piccoli investitori difficilmente si sarebbero aspettati. Il valore di mercato degli immobili ha iniziato a scendere. Questo ha portato molti piccoli investitori ad approcciare il mercato immobiliare con forme di investimento molto più aggressive e speculative, che necessitano però di una preparazione maggiore e di un approccio imprenditoriale più attento.

Vedo molto spesso persone che, emulando alcune serie televisive molto di moda o cercando di replicare in formula “fai da te” operazioni di investitori e formatori viste sui social network, acquistano immobili che necessitano di interventi di restyling, manutenzione o, a volte, veri e propri restauri, riuscendo a spuntare prezzi molto competitivi in trattativa privata o magari all’asta. Il loro obiettivo è quello di eseguire i lavori necessari e rivendere l’immobile in tempi relativamente brevi, generando un profitto.

Spesso però, se non si è adeguatamente preparati, si rischia di non tenere in considerazione alcuni importanti aspetti andando a diminuire sensibilmente o annullare completamente il profitto dell’operazione, arrivando, a volte, a produrre addirittura una perdita.

Un’insidia che può compromettere i profitti sperati è la tassazione sulla plusvalenza immobiliare.
Spesso, infatti, ci si dimentica di calcolare l’incidenza della tassazione sul profitto che deriva dall’operazione.

Innanzitutto capiamo cos’è la plusvalenza immobiliare.
Secondo l’art.68 comma 1 del TUIR le plusvalenze immobiliari “…sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”.
Più semplicemente, è la differenza tra il prezzo percepito per la vendita dell’immobile e quanto pagato per il suo acquisto e i relativi costi accessori, quali ad esempio i costi di ristrutturazione.

Non si è soggetti alla tassazione sulla plusvalenza immobiliare nei tre casi seguenti:
1) quando l’immobile è stato acquistato o costruito da più di 5 anni;
2) quando la proprietà dell’immobile è pervenuta per successione;
3) quando l’immobile sia stato adibito ad abitazione principale del proprietario o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorrente tra il suo acquisto o costruzione e la sua cessione.

La plusvalenza immobiliare è considerata un reddito diverso e come tale è assoggettata all’aliquota IRPEF del venditore.
Tuttavia, in sede di stipula dell’atto notarile, è possibile optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 26%.

Quindi, prima di avventurarvi in un’operazione immobiliare di acquisto e rivendita, assicuratevi di aver considerato tutti gli elementi e… occhio alla plusvalenza!!!

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